L’ANNO SENZA ESTATE
Un racconto di vulcani, nubi ed esseri imprevisti
Uno spettacolo di e con Chiara H. Savoia, RadiceTimbrica Teatro. Sound design di BuTe e con la collaborazione artistica di Cinzia Chiodini
Le nuvole generate dall’eruzione dei vulcani hanno spesso trasportato storie attraverso lo spazio e il tempo; storie che raccontano di uomini che insistono nell’ignorare il linguaggio di una natura che, benché inascoltata, opera con intelligenza: nel 1991, all’eruzione del vulcano filippino Pinatubo, seguì l’eruzione del monte Hudson in Cile, in pochi mesi le ceneri dei due vulcani causarono l’abbassamento della temperatura della Terra di 1 grado. Furono molti i climatologi sollevati da questo controbilanciamento al riscaldamento globale. Nel 1815, l’eruzione del vulcano Tambora introdusse nell’atmosfera un’enorme quantità di cenere, che si diffuse per tutto il globo e che creò una sorta di filtro per i raggi solari, causando una piccola era glaciale. L’estate del 1816, preceduta da un inverno lungo e piovoso, fu fredda e umida anche in Europa, e quell’anno fu ribattezzato “L’anno senza estate”. Nel sogno fatto da Mary Shelley nel gelido giugno di quello stesso anno, anche il Dottor Frankenstein credette di poter rendere l’uomo invulnerabile a tutto, e credendosi più forte della natura, creò un mostro che poi rinnegò.
Oggi è lampante come gli esseri umani, inseguendo un’impossibile perfezione, abbiano dato origine a un mostro, dal quale vorrebbero distogliere lo sguardo: la crisi climatica. In questo spettacolo si raccontano storie di vulcani trasportate dalle nuvole attraverso il tempo, enormi nuvole che decidono le sorti dell’uomo, e di come un vulcano partecipò alla scrittura di “Frankenstein”, libro potente che fu definito all’epoca della pubblicazione: “un romanzo meraviglioso, considerato che è scritto da una donna”.
UN MOMENTO D’IRA
Lettura scenica tratta da “Le ire di Giuliano”, commedia in un atto di Italo Svevo, di RadiceTimbrica Teatro, con Chiara Savoia, Marco Bianchini, Pierpaolo Candela, Luca Colombo, Mattia Guzzetti, Mattia Colombo.
Una vicenda raccontata più di cento anni fa da un grande narratore, ma straordinariamente attuale: Lucia, dopo una lite con il marito Giuliano, si rifugia dalla madre, non potendo più sopportare l’irascibilità del coniuge. I parenti di Lucia, però, non reagiscono come lei si aspetta e lo stesso Giuliano, quando giunge a dare spiegazioni del suo comportamento, accusa Lucia di essere la causa delle sue ire. Lucia è tra i personaggi più moderni del teatro di Svevo, ed è una donna che cerca una vita differente. Purtroppo, il desiderio di libertà e la ricerca della propria identità troveranno spazi angusti in una società che predilige ruoli codificati. L’unica voce autenticamente femminile è dunque quella di Lucia, perché è la sola a opporsi al sistema di regole che da sempre privilegia gli uomini, ed è per questo motivo che abbiamo scelto, in questa messa in scena, di affidare anche l’interpretazione dei ruoli femminili, con l’eccezione di Lucia, ad attori uomini. L’articolo 1 della dichiarazione Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne, stabilisce che: “È violenza contro le donne ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà”. Questa lettura scenica a più voci, restituisce a Lucia e alla sua storia l’occasione di essere ascoltate, per riflettere sui molteplici aspetti della violenza, che non è esclusivamente fisica, ma anche psicologica ed economica. Prevaricazioni che non lasciano segni tangibili, ma ugualmente gravi, difficili da denunciare perché si manifestano in forma indiretta e subdolamente si insinuano giorno dopo giorno.
LA SGRAMMATICATA CARRIERA DEI FOLLI
Monologo immaginario di e con Chiara H. Savoia
drammaturgia di Chiara H. Savoia e Daniele Peraro, musiche di Maurizio Misiano e Diego Maffezzoni
Nel 2014 è stato pubblicato “Ammalò di testa”, un saggio di Anna Carla Valeriano, che raccoglie scritti censurati dei ricoverati, cartelle cliniche e brandelli di lettere provenienti dal manicomio di Teramo. A partire da questa lettura, cucendo questi intensi frammenti di lettere, è nato un piccolo monologo immaginario che trova realizzazione proprio nell’anno in cui si celebrano i cento anni dalla nascita di Franco Basaglia, principale motore del concreto cambiamento della psichiatria, responsabile dell’approvazione della legge 180, che denunciò le istituzioni manicomiali fino a regolarne la chiusura.
In manicomio, i bisogni dei ricoverati venivano oppressi: da un lato c’era il potere che schiacciava gli internati, dall’altro il malato che – nella sua condizione di povertà- finiva per non esistere. Aperte le porte dei manicomi, il malato poté esprimere, anche con voce prepotente, qualcosa che, non essendo più repressa, necessitava di essere compresa: siamo tutti creature rotte, piene di pezzi difettosi, imperfetti esseri umani. Nessuno di noi dovrebbe essere considerato un oggetto da aggiustare, da recludere o da nascondere.
Occorre molto coraggio, al di là della salute e della malattia, per riconoscere e dialogare con le asperità dell’altro, ma la paura non deve fermarci.
SIBILANDO IL NERO
Lettura scenica con Anna Lidia Molina, Chiara H. Savoia, Cinzia Chiodini, Luca Colombo.
I versi di Giovanni Pascoli armonizzati per quattro voci spazializzate che interagiscono con le immagini di nebbia del fotografo Roberto Venegoni in un suggestivo allestimento riservato a piccoli gruppi di spettatori.
VERSO UN CHIARORE
di Anna Lidia Molina e Luca Colombo. Con Anna Lidia Molina, Luca Colombo, Cinzia Chiodini e Chiara H. Savoia
La poetica visionaria delle pagine di Marcovaldo: disorientamento, confusione, troppa città, troppo cemento, traffico, visi spenti, la fatica di andare avanti con le incombenze quotidiane, tra un lavoro necessario, che spesso non piace, e gli imprevisti che la vita ci riserva, di cui si farebbe volentieri a meno, i soprusi inflitti da chi sta più in alto nell’imposta gerarchia sociale, l’assenza di rispetto per l’individualità sensibile ed intima, la fretta, le corse, sempre, il dovere, il dover fare, l’obbedire, le guerre, il mondo che va a rotoli, il clima impazzito, l’affondare.
INARCATA NEL VUOTO
Lettura scenica con Anna Lidia Molina, Chiara H. Savoia, Cinzia Chiodini, Luca Colombo.
Antonia Pozzi scrive le prime poesie ancora adolescente.Scrive a contatto con la natura solitaria e severa della montagna.Le leggi razziali del 1938 colpiscono alcuni dei suoi amici più cari: « Forse l’età delle parole è finita per sempre», scrive quell’anno a un amico in una lettera. Allora come oggi, civiltà e parole sono in pericolo. Lo spettacolo è il tentativo di preservare la bellezza attraverso l’opera di una poetessa che non ha mai pubblicato nulla mentre era in vita, e che solo da pochi anni che viene riconosciuta come una delle più alte voci del Novecento.
L’ETÀ CHE NON PASSA
da “La più grande balena morta della Lombardia” di Aldo Nove
con Anna Lidia Molina, Chiara H. Savoia, Cinzia Chiodini, Luca Colombo, Alberto dell’Acqua.
L’età che non passa è il tentativo evocativo di dare corpo e voce ai ricordi di un’infanzia che non si perde mai poiché resta ancorata nello spazio del ricordo, come un’eco nel presente capace di condizionare il futuro.
Lo spettacolo ha ricevuto la menzione speciale al festival Nuove Espressioni 2008 di Milano “Per l’originalità della scelta testuale e la freschezza e coralità della trasposizione scenica”.
CONCERTO PER VIOLA E PENNARELLO NERO
concerto performativo d’interazione
ideazione Chiara H. Savoia, alla viola Diego Maffezzoni e sound design di Maurizio Misiano. Un concerto che si svolge su un grande foglio bianco. Sorprendersi o restare in ascolto? Il tono caldo di una viola solista è intervallato e intersecato da un ambiente sonoro creato da un sound designer. I suoni si sposano tra loro, portano lontano. Hai in mano un pennarello nero, sei libero di lasciare una traccia, silenziosa o visiva. Non vi sono limiti di età per partecipare.Non ci sono palchi o barriere tra chi sta suonando e chi sta disegnando, c’è una totale condivisione armonica. Il foglio, infine, diventa come una grande mappa, un percorso cominciato dal vuoto e riempito, come per gioco, dalle sensazioni che ci lascia la musica.
FORMULA
Ispirato da “Il Ramo d’Oro” di Frazer
Un esercizio di attenzione e immaginazione cui sottoporre 6 spettatori, riesumando la magia come forma istintiva di invenzione.
L’esperienza proposta nasce dal desiderio di condividere la scoperta di un testo antropologico fondamentale.
FISSAVO VERTIGINI
Pronunciamo le parole irrequiete e sovversive di Arthur Rimbaud. Ci rivolgiamo al veggente per cercare nella poesia nuove domande, alla ricerca di alternative che ancora non sappiamo immaginare.La performance ha una durata di due ore, si gioca su una vorticosa ripetizione. Lo spettatore entra ed esce a piacere, per creare la propria personale drammaturgia.
S.O.S.PIRARE
Delicato ma moderno morality play, con Anna Lidia Molina, Chiara H. Savoia, Cinzia Chiodini, Luca Colombo
I morality plays trovano origine dalla danza macabra -irruzione della morte nella vita dell’uomo e conseguente terrore- e si costituiscono come drammi allegorici e filosofici della condizione umana. Un lavoro fatto di partiture fisiche che si sfaldano, inseguimenti, immobilità, immagini, desiderio, possesso e perdita, eros e thanatos.
HO IL CUORE DAPPERTUTTO
con Anna Lidia Molina, Chiara H. Savoia, Cinzia Chiodini, Luca Colombo, Diego Invernizzi, Tommaso Monza.
Attori che senza più risorse si lasciano trafiggere dallo sguardo dell’ altro.
Perduta la storia, smarrito il filo, confuso il senso dell’azione, la prepotente intelligenza del corpo ha il sopravvento, svelando conflitti, distorsioni, condizionamenti, rituali moderni.
Così come la mente si organizza per essere efficiente e produttiva, il corpo si organizza per la sofferenza, per la complicazione, per l’annullamento del suo linguaggio.
Selezione premio Scenario 2007, lo spettacolo è stato vincitore ex-aequo del bando Up_nea 2008.
NEL TIEPIDO GIACIGLIO NULLA
con Anna Lidia Molina, Chiara H. Savoia, Cinzia Chiodini, Luca Colombo
Prova generale della fine del mondo in un atto uniconda La fine del Titanic di Hans Magnus Enzensberger.
Se ci sembra che la fine del mondo non sia ancora arrivata è perché ce la si aspetta una volta sola e per tutti, mentre in realtà essa è già in atto, solo un po’ per volta, a rate, a pezzi e bocconi, in tempi e luoghi diversi. Ci fu però un episodio che dai contemporanei venne sentito come una prova generale della fine del mondo in un atto unico.